«Ho consacrato la mia vita alla letteratura, e non sono sicuro di conoscerla; non mi azzarderei a darne una definizione, perché per me rimane sempre segreta e mutevole, in ogni riga che ricevo o che scrivo». In questa memorabile dichiarazione di Borges non c’è soltanto quel gusto della sprezzatura che è uno dei tratti più seducenti della sua personalità. Vi appaiono in filigrana le linee della sua estetica eterodossa di dissidente nato: la lettura come inesauribile sorpresa; la scrittura come viaggio iniziatico nell’ignoto; la letteratura come universo mobile e imprevedibile, dotato di una sua propria vita caotica, refrattario a ogni tentativo di classificazione. E questo audace sentimento della letteratura («Ogni nuova pagina è un’avventura in cui dobbiamo metterci in gioco») non mancherà di contagiare il lettore di "Discussione", composita raccolta di saggi (apparsa per la prima volta nel 1932) alla quale lo stesso Borges doveva attribuire un valore non secondario se volle salvarla dalla furia autocensoria con cui si accanì sugli scritti giovanili. Il valore di una svolta, senza dubbio, giacché il titolo stesso sembra preannunciare la tonalità serena, piana, che rappresenterà la seconda maniera borgesiana, dopo le oltranze stilistiche e l’insolenza iconoclasta degli esordi. Spaziando dai temi filosofici e teologici alle questioni estetiche e letterarie, dalla poesia gauchesca a quella di Whitman, da Flaubert fino a una spregiudicata incursione nel territorio del cinema, Borges si addentra negli argomenti come in quei labirinti che da sempre sono la sua ossessione. Discussione raduna saggi usciti fra il 1928 e il 1932, anno cui risale l’edizione in volume; del 1957 è la seconda edizione, profondamente rimaneggiata dall’autore.