Un falso paese scoperto in «un’enciclopedia pirata», Uqbar, e un pianeta immaginario, Tlön, «labirinto ordito da uomini» ma capace di cambiare la faccia del mondo; il "Don Chisciotte" di Menard, identico a quello di Cervantes eppure infinitamente più ricco; il mago che plasma un figlio nella materia dei sogni e scopre di essere a sua volta solo un sogno; l’infinita Biblioteca di Babele, i cui scaffali «registrano tutte le combinazioni possibili della ventina di simboli ortografici ... cioè tutto ciò che è dato di esprimere: in tutte le lingue» e che sopravviverà all’estinzione della specie umana; il giardino dai sentieri che si biforcano; l’insonne Funes, che ha più ricordi di quanti ne avranno mai tutti gli uomini insieme; il perspicace detective Lönnrot, che risolve una serie di delitti grazie a un triangolo equilatero e a una parola greca, "Tetragrammaton", e si condanna a morte; lo scrittore ebreo Jaromir Hladìk, cui Dio concede di portare a termine una tragedia in versi davanti al plotone di esecuzione tedesco, in un immoto istante che dura un anno. Sono i lemmi di un’enciclopedia illusoria e al tempo stesso, non diversamente da quella di Tlön, di arcana, irresistibile potenza. Un’enciclopedia che ha scompaginato le nostre certezze in materia di letteratura e che tuttavia sembra riflettere il nostro paesaggio interiore – come un’antica mappa che, riaffiorata d’improvviso alla luce, riveli segni e simboli inspiegabilmente familiari. Un’enciclopedia che, forse, avevamo già sognato. "Finzioni" (1944) giunse in Italia nel 1955, e la traduzione di Franco Lucentini fu la prima di un’opera di Borges. Ora, a distanza di quasi cinquant’anni, lo presentiamo in una nuova versione, che tiene conto delle varianti e delle aggiunte introdotte nella seconda edizione, del 1956: basterà ricordare che furono inclusi tre nuovi racconti – "La fine", "La setta della Fenice" e "Il Sud" –, fra gli ultimi scritti da Borges prima della lunga pausa narrativa che si concluderà con "Il manoscritto di Brodie".