Ha scritto Addison che quando sogniamo l’anima «conversa con innumerevoli individui di sua creazione e si trasferisce in diecimila scene di sua immaginazione»: l’anima è, insomma, «il teatro, l’attore e lo spettatore». Ma anche, soggiunge Borges, l’autore della storia cui assiste, sicché i sogni rappresentano un vero e proprio genere letterario – il più antico. E muovendo da questa tesi «pericolosamente suggestiva» ci offre i materiali per una storia generale dei sogni (e degli incubi, «vago agguato del male») che attinge alle sue opere (basti pensare al "Sogno di Coleridge" o all’"Episodio del nemico" o alla "Storia dei due che sognarono") e insieme a letture sterminate e variegate: dall’"Epopea di Gilgamesh" a Aloysius Bertrand, dal cinese "Sogno della camera rossa" a Papini. Senza dimenticare una folta schiera di autori fittizi: o, meglio, sognati.